“Noi siamo i Motörhead… e vi prenderemo a calci in culo!”
Il leader dei Motörhead Ian Fraser Kilmister, per tutti Lemmy, nasce a Stoke-On-Trent il 24 dicembre 1945. Lasciati gli Hawkwind nel 1975, Lemmy fonda i Motörhead nello stesso anno e nel ’77 la band britannica rilascia il disco di debutto, omonimo. Da allora il gruppo pubblica 22 album in più di 40 anni di carriera, divenendo una delle realtà più influenti ed imitate della storia del rock, lasciando il proprio marchio su heavy metal, punk, thrash metal e molto altro. Band come Metallica, Sepultura e Slayer hanno sempre dichiarato la loro enorme ammirazione per il lavoro del grande bassista britannico.
I Motorhead furono innanzitutto una forza della natura; un istinto brado incontenibile e ignorante di tutto. La loro fu una rivoluzione “culturale” pari a quella dei Sex Pistols. L’esser lasciati a se stessi, il non aver programmi, il dilatarsi in almeno 6 anni (1977-1983) degli effetti delle loro innovazioni, impedirono di identificarli come la bandiera o il capro espiatorio di un movimento che è il più estremo, irriducibile, selvaggio e incendiario della musica rock. Dell’heavy metal, estrinsecatosi in trash-metal e speed-metal, fa parte (dal 1988 in poi, anno di uscita di “Leprosy”dei Death) anche il punto di non-ritorno o invalicabile per eccellenza, il death-metal.
Ad oggi, i Motörhead hanno venduto circa 50 milioni di dischi in tutto il mondo, facendo di Lemmy una delle ultime divinità del rock contemporaneo.
Ace of Spades è il disco in studio che ha avuto più successo dei Motorhead: il suo motto è quello di Lemmy (dal brano omonimo e d’apertura dell’album): “Born to lose – live to win”. La band è nel suo periodo d’oro e lo dimostra. L’album è forte di un’esecuzione perfetta e di una graniticità assoluta. Finalmente la produzione e il mixaggio si rivelano all’altezza: il suono e il complesso del lavoro ne risentono enormemente in positivo. Le atmosfere post-western (definitivamente abbracciate anche dalla copertina, dove spicca, simbolo del dissacratorio e contro-tutti atteggiarsi di Lemmy, l’asso di picche del titolo, picche che per gli inglesi porta sfortuna) abbandonano quell’affascinante fumosità polverosa dei primi lavori per acquistare una luce più accecante e una sete più schietta, quella del sole a picco nelle praterie semi-deserte: “Shoot You in the Back”. Tuttavia, la pur sempre voluta routine degli effetti (suono martellante, pronuncia dei testi biascicata e fioca) non è del tutto supportata dall’egregia qualità dei brani come nei due album precedenti. La vena di Lemmy prende, e lo prenderà definitivamente, uno stato limbico che porterà il gruppo (da qui in poi non in grado di dire altro di nuovo) allo scioglimento e al diventare “la band di un uomo solo” che, pur con tutti i diversivi, tutta la marea degli album seguenti, tutta la sua sincerità e onestà, non avrà più niente di nuovo per farsi apprezzare. C’è il tempo per un ultimo capolavoro assoluto però: “(We Are) The Road Crew”, il testamento spirituale di Lemmy (“Another town, another place, another girl, another face.”) e il suo brano più importante dopo l’intoccabile “Overkill”.
Il 28 dicembre 2015 a Los Angeles se ne andava Lemmy Kilmister, fondatore e frontman dei Motörhead: una vita (la sua) vissuta “alla grande” con il piede sempre sull’acceleratore, tra donne, droga e alcool («Pete Townshend non era l’unico a credere di morire prima di diventare vecchio»). Avrebbe compiuto oggi 74 anni, ma pochi giorni dopo aver celebrato il settantesimo compleanno Lemmy Kilmister è stato sopraffatto da un tumore estremamente aggressivo.
Musicista inglese, cantante e cantautore, ha fondato e fronteggiato la rock band Motörhead. Lemmy suonò in diversi gruppi rock negli anni ’60, tra cui Rockin’ Vickers, lavorò come roadie per Jimi Hendrix, prima di unirsi alla band di space rock Hawkwind nel 1971.
«Ho dovuto smettere con la coca, anche se ogni tanto la tentazione vince ancora. Di sicuro non sono riuscito a smettere di bere – ripeteva durante le sue ultime interviste – non ci ho pensato seriamente nemmeno per un quarto d’ora, perché sapevo bene che non ci sarei riuscito e credo che nemmeno i medici stessi ci abbiano sperato più di tanto. Non è una questione legata al personaggio o a qualcosa del genere, infatti non ho problemi a dire di essermi dato una regolata, ma smettere con tutto non era possibile: quello che sono è indissolubilmente legato al mio stile di vita e viceversa e non ho mai finto di essere chi non sono».
E durante quella vita vissuta “alla grande” Lemmy ha trovato il tempo di regalare al suo pubblico (…e al Rock’n’roll) capolavori memorabili che oggi vi riproponiamo in questa playlist creata ad hoc.
1.NO CLASS (1979)
2. ACE OF SPADES (1980)
3.I GOT MINE (1983)
4.KILLED BY DEATH (1984)
5.DEAF FOREVER (1986)
6.THE ONE TO SING THE BLUE (1991)
7.DON’T LET DADDY KISS ME (1993)
8.WHOREHOUSE BLUES (2004)
9.I KNOW HOW TO DIE (2010)
10.TILL THE END (2015)
Nato per perdere – Vivo per vincere
— Lemmy Kilmister
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